"Alla fonte delle parole" è una raccolta - a esclusivo gusto
personale - di 99 etimologie selezionate dall'autrice della "Lingua
geniale". Così possiamo scoprire la radice di "libertà" e
"felicità", riuscendo a dare il peso specifico autentico ai vocaboli
che usiamo. E così anche a usufruire della libertà di esprimere noi stessi
Verbi,
aggettivi, sostantivi: 99 vocaboli da scoprire, dalle loro origini alla loro evoluzione nel corso
dei secoli. E’ l’affascinante viaggio alla ricerca del significato originario
delle parole per decifrare la realtà che ci circonda dentro Alla fonte delle parole. 99 etimologie che ci parlano
di noi (Mondadori, 288 pagg, 18 euro), il nuovo lavoro di Andrea Marcolongo,
che già ci aveva fatto appassionare alla Lingua
geniale (il greco) e a La misura eroica,
il mitico viaggio degli Argonauti. Il criterio utilizzato dall’autrice per selezionare
i 99 lemmi è essenzialmente uno: il suo gusto personale. A dimostrazione del
fatto che i lettori non troveranno un preciso ordine alfabetico da seguire, ma
potranno iniziare a leggere gli etimi a seconda della curiosità che proveranno
in quel momento.
Nominare
la realtà significa sottrarsi alla confusione. Un atto, questo, innanzitutto
intellettuale perché prima ancora di tradurla in parole è nel pensiero che essa
prende forma e consistenza. Non a caso, nell’incipit Marcolongo cita la
scrittrice Elena Ferrante che nell’Invenzione
occasionale scrive: “Le parole, la grammatica,
la sintassi sono uno scalpello che scolpisce il pensiero”. E sempre nell’incipit
cita lo studio dell’antropologo Robert
Levy condotto a Tahiti.
Quale poteva essere il motivo alla base del numero spropositato di suicidi che si verificavano tra i suoi abitanti? Levy
scoprì che nella lingua tahitiana mancavano
parole per esprimere il dolore. Questo
portava uomini e donne a togliersi la vita. Allora ecco spiegata l’importanza
di recuperare i significati originari delle parole che ci permettono di usufruire
della libertà di esprimere noi stessi.
Ad
esempio, il verbo leggere deriva
dalla radice indoeuropea *lag- presto diventata panromanza e non solo. In greco
antico, si traduceva nel verbo λέγω (légo), che rimandava al latino legere,
che significava sia “raccogliere“, sia “scegliere“, sia “raccontare” o “dire“. I francesi dicono lire,
gli spagnoli leer, i
portoghesi lêr, i
tedeschi lesen, i
lituani lèsti che
significava letteralmente “raccogliere con il becco“. Proprio come fanno i lettori, quando si recano in
una libreria, che con la vista acuta come quello di un falco, si fiondano fra
gli scaffali per accaparrarsi il libro che hanno scelto.
Oppure fiducia,
dal latino fides,
contiene una radice che rimanda alla fede. Fidarsi di qualcuno, infatti, è un impegno grandissimo.
Nel Medioevo si
usava il termine fidanza,
da cui deriva anche la parola fidanzato ed essere fidanzati infatti è un impegno
solenne, proprio come lo erano i Promessi
Sposi manzoniani perché la fiducia richiede
una cura costante per non deludere chi ti sta vicino.
La
parola libertà,
invece, dal latino libertas, eleuthería in
greco, risale ad un’antichissima radice indoeuropea *leudhero-,
ovvero colui che ha il diritto di appartenere a un popolo o felicità,
dal latino felix,
deriva dalla stessa radice verbale indoeuropea *fe- di fecundus,
che significa fertile,
produttivo perché quando si è felici ci si vuole circondare di attività
stimolanti che ci trasmettano benessere e voglia di fare.
Come
si può notare da questi esempi, la scrittrice cita spesso i popoli indoeuropei
perché ebbero il coraggio di coniare la radice delle parole che non esprimeva tanto un suono
percepito all’esterno, quanto il loro proprio sentire.
Il
libro, quindi, si propone di essere una guida per arricchire la nostra
conoscenza e per dare un senso a ciò che diciamo perché le parole hanno
un peso specifico e farne un uso improprio significherebbe
condurre il nostro pensiero verso una realtà distorta dove odio e pregiudizio
avrebbero la meglio e Andrea Marcolongo è riuscita, ancora una volta, grazie
alla sua sensibilità e profonda dedizione nei confronti del sapere, a tenderci
una mano per non sentirci smarriti dinanzi ai vuoti che non ci permettono di
dare un nome alle emozioni che proviamo e per trovare la strada maestra che
ci porti a fare chiarezza e ordine dentro noi stessi affinché il caos non
prenda il sopravvento.
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